Credo che il primo concerto da me vissuto con maturità fu quello di Ivan Graziani, al Teatro Margherita di Genova nel 1979, del quale trovate qui la cronaca. A quello spettacolo per pochi intimi fui trascinato dal compianto amico Gian Piero Forchini, e potete scoprire qui qualcosa di interessante e divertente su di lui, e sulle nostre avventure giovanili.
Dopo un tale inizio, nel decennio successivo ebbi la fortuna di assistere a molti concerti, perché, in fondo, non avendo vizi particolarmente costosi, le mie sole voci di spesa erano i viaggi e la musica.
Ne ricordo molti, credo quasi tutti. Qualcuno fu memorabile o dimenticabile per il pubblico o per la critica, altri lo furono solo per il sottoscritto. Di qualche concerto abbiamo già parlato su questa pagine, e di altri forse lo faremo. Quelli che ricordo di quel decennio sono i seguenti:
1980 Alberto Fortis – Piazza Sopranis a Genova -15 luglio
1981 Fisher Z + Dire Straits – Stadio Comunale di Sanremo – 27 giugno
1982 Pino Daniele – Palasport di Genova – 11 settembre
1982 America – Palasport di Genova – 22 settembre
1984 Rockets – Palasport di Genova – 26 aprile
1984 Bob Dylan + Carlos Santana + Pino Daniele – Stadio S.Siro di Milano – 24 giugno – (leggete qui)
1984 Edoardo Bennato – Parco Sempione di Milano – 4 luglio
1984 Steve Wonder – Palazzo dello Sport di Milano – 24 luglio
1985 Mimmo Locasciulli – Parco dell’Acquasola di Genova – 11 luglio
1985 Garbo – Parco dell’Acquasola di Genova – 12 luglio
1985 Matia Bazar – Parco dell’Acquasola di Genova – 13 luglio
1987 Genesis – Stadio S.Siro di Milano – 19 maggio
1987 Paul Young – Stadio S.Siro di Milano – 19 maggio
1987 Prince – Palatrussardi di Milano – 4 giugno – (leggete qui)
1987 Bob Geldof – Piazza della Vittoria di Genova – 10 giugno
1988 Prince – Palatrussardi di Milano – 15 luglio
1989 Billy Joel – Palatrussardi di Milano – 11 maggio
1989 Johnny Clegg – Morrison Hotel di Genova – 6 luglio
1989 Tourè Kunda – Morrison Hotel di Genova – 10 settembre
1990 Fish Piazza della Vittoria di Genova – 18 giugno
Come vedete, mi mossi dentro uno spettro musicale abbastanza ampio: qualche cantautore, una spruzzata di pop, un assortimento di mostri sacri inglesi e americani, qualche traccia di blues, funky e soul, e, negli ultimi due anni, un timido assaggio di musica africana.
Probabilmente parleremo qui anche di altri concerti, magari successivi a quel decennio, ma oggi, per non essere banale, tra gli artisti che ho citato voglio raccontarvi qualcosa di Johnny Clegg e i dei suoi Savuka, che io ammirai nel 1989.
Prima di arrivare a Genova per quell’atteso concerto, in soli 10 anni di attività, Johnny aveva creato un mix esplosivo di musiche e di danze che non aveva termini di paragone, e che devo brevemente qui riassumere per introdurVi al personaggio.
Johnny nacque nel 1953 in Inghilterra, a Bacup, un paesino situato nel Lancashire tra Rochdale e Burnley, da padre inglese, e da mamma, cantante jazz e di cabaret, nativa dello Zimbabwe. Quando i due si separarono, Johnny seguì la madre in varie Nazioni africane, fin quando, ormai adolescente approdò in Sud Africa, dove completò le scuole e scelse di vivere, diventando un insegnante universitario di antropologia.
Iniziò a sperimentare autonomamente nuove forme musicali e di spettacolo, che prevedessero testi in lingua inglese cantati su basi musicali africane, soprattutto di origine zulu. In un periodo storico durante il quale le esibizioni interraziali erano rigorosamente vietate, il progetto venne comunque sposato dal produttore Hilton Rosenthal, che unì le potenzialità di Johnny a quelle di un altro artista immigrato, di nome Sipho Mchunu, creando dal nulla l’ensemble Johnny Clegg & Juluka. Iniziarono quindi a suonare solo privatamente, nelle chiese, negli ostelli, nei luoghi di lavoro e nelle università.
Nonostante l’atteggiamento contrario delle autorità, e la rigorosa censura delle radio, riuscirono a pubblicare gli album “Universal men” (1979), “Africal litany” (1981), “Ubhule Bemvelo” (1982), “Work for all” (1983) e “Musa Ukungilandela” (1984). Nel 1985, dopo aver conquistato due dischi di platino e cinque d’oro, il gruppo si sciolse per problemi familiari di Sipho , e Johnny incise “Third world child” (1986) con una nuova band di accompagnamento, che aveva chiamato Savuka. Con questa nuova formula, all’esistente crossover di testi in inglese su basi musicali zulu, il nostro iniettò anche una nuova carica rock, con qualche ambientazione riferibile al folk celtico, creando un mix, se possibile, ancora più unico al mondo. L’album salì in vetta alle classifiche di molti paesi, tra i quali Francia, Svizzera e Belgio, e vinse il French Music Award.
Poco prima del concerto oggetto del nostro articolo, e sull’onda lunga della musica etnica che invase gli scaffali (segnalo che nel 1986 uscì anche il meraviglioso “Graceland” di Paul Simon, che rimase però un “unicum” della sua discografia) Clegg pubblicò anche gli album “Shadow man” (1988) e “Cruel, crazy beautiful world” (1989), i successi dei quali lo avevano condotto ad una performance al Festival di Sanremo.
Quindi in sostanza il 6 luglio 1989, presso lo spazio denominato “Morrison Hotel” della Fiera di Genova, si verificò un evento musicale affatto secondario. Anzi, lo definirei di notevole importanza.
Nell’estate genovese, il concerto, che faceva parte di una lunga tournèe europea ed americana, fu suonato e ballato quella sera da Johnny Clegg (Guitar & Vocals), Solly Letwaba (Bass), Keith Hutchinson (Sax, Keyboards), Derek DeBeer (Drums), Steve Mavuso (Keyboards), Dudu Zulu (Percussion) e Mandisa Dlanga (Backing Vocals): si trattò di una serie di fuochi d’artificio di musiche e di danze, che immancabilmente trascinarono il pubblico verso l’entusiasmo.
Attendete il divertente arrivo di Johnny sul palco, in questo estratto del concerto di Parigi dell’anno successivo. Le coreografie, e la formazione musicale, estremamente ritmica e percussiva, sono esattamente le medesime che ebbi la fortuna di vedere e ascoltare io quella sera:
Due anni dopo Johnny venne insignito del titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere dal governo francese. Nel 1993 si concluse il progetto Savuka, e, dopo una breve reunion con l’amico Sipho Mchunu, continuò la carriera solista, incidendo nuovi album e offrendo indimenticabili concerti in tutto il mondo. Il suo talento artistico era ormai largamente riconosciuto dalla critica, e l’importanza delle sue battaglie anti-apartheid e a favore dei diritti civili ne aveva fatto un paladino per le classi più povere, più deboli e più disagiate. Durante un concerto del 1999, mentre cantava “Asimbonanga”, canzone che anni prima aveva scritto in onore di Nelson Mandela, venne a sorpresa raggiunto sul palco dallo stesso Mandela, che accennò insieme a lui qualche passo di danza.
Nel 2003 partecipò al “46664 Concert” a Cape Town, organizzato dallo stesso Nelson Mandela per raccogliere fondi per combattere l’AIDS. Il cast comprendeva Anastacia, Youssu N’Dour, Robert Plant, Bob Geldof, Queen, Cat Stevens, Angelique Kidjo, Peter Gabriel, Who, U2, Corrs, Zucchero, Eurythmics, Beyoncè e molti altri. Clegg fu raggiunto sul palco dall’ex leader dei Genesis, e cantò e ballò “Asimbonanga” e “Cruel, crazy, beautiful world”, originariamente composta nel 1989 per la nascita del figlio Jesse.
Dopo una lunga e brillante carriera, nel 2015 Johnny Clegg si ammalò di un cancro al pancreas. Nonostante questa notizia, tempo dopo volle comunque iniziare un ultimo tour, che ironicamente battezzò “The final tour”. Il 16 luglio 2019 la malattia lo strappò via dai suoi cari e dai suoi fans, ormai presenti in tutto il mondo.
Sono contento di averlo ammirato in concerto, in quel lontano 1989. E sono felice di aver ballato sotto al palco, grazie a lui e insieme a lui e ai suoi amici. Era un grande personaggio, che portò avanti con tenacia scelte di vita molto difficili, e direzioni artistiche sempre poco convenienti.
Johnny Clegg, lo zulu bianco, creò uno stile musicale inimitabile, che, in termini di carriera, è rimasto ineguagliato fino ad oggi.
E oggi sono molto contento anche di aver fatto questa scelta, che vi sarà sembrata strana: quella di avervi raccontato qualcosa di lui: personaggi, artisti e uomini come Johnny meriterebbero sempre di essere conosciuti, ed apprezzati.
Osservando le mie mani, ho visto granelli dei ricordi cadere tra le dita, uno dopo l’altro, e andare perduti per sempre. Con questo contenitore magari ne salverò qualcuno, per chi, in futuro, sarà interessato a capire cosa io fossi.
Stefano Manfredi
ciao, molto interessante. Con la musica..sono ignorante 🙂
Stefano Butera
Ciao grande Stefano, è un piacere trovarti qui !!
Grazie per il tuo commento.
Hai letto l’articolo dove si parlava anche di te ?
???
Ricordo certamente la mia presenza a quelli di Fortis (e come potevo mancare…..era sotto la finestra della mia cameretta….), Dire Straits e Rockets.
Belin sembra ieri, invece stiamo parlando…..dell’altro ieri !
Grande scrittore 👏👏👏
Stefano Butera
Ormai sei un lettore (e commentatore) accanito 🙂
E’ vero, tu c’eri, amico mio, e c’eri anche a quello importantissimo dei Genesis + Paul Young a Milano !!!
???
Ecco vedi 😃😃 inizio a perdere la memoria…..sarai il mio bastone per le vecchiaia 🙃