Certo, è un racconto semplice, ingenuo, quasi elementare. Ma fu scritto nel 1978, da un insicuro ragazzino, che aveva solo 15 anni. In realtà, ancor oggi, ogni volta che lo leggo, mi provoca i brividi.
Descrive la sua visione particolare della vita, e, in fondo, rappresenta un triste tentativo di risposta alla millenaria domanda “perché sono su questa terra” ? Contiene spunti inerenti la nascita, la giovinezza, la maturità, l’anzianità e la morte, a proposito dei quali si potrebbe conversare tra buoni amici.
Contiene pessimismo cosmico, illustra la ricerca dell’anima gemella e della “felicità”, affronta il rapporto con i genitori. Dipinge, in una società inquinata, un Dio non sempre protettivo, e descrive il ciclo della vita, che, immutabile, ogni volta replica se stesso.
Tratta di argomenti, pensati e scritti quando le informazioni e i mezzi di apprendimento non erano paragonabili a quelli di oggi: all’epoca esisteva un solo canale televisivo, (in bianco e nero), niente cellulari o social media. Si, lo so, ai più giovani sembrerà incredibile, ma, nel 1978 niente internet.
Eppure lo scrittore, con impertinenza, ci provò. Avrei scommesso a occhi chiusi, su di lui. Ed avrei dolorosamente perduto.
Ecco il racconto, con gli errori e le “stranezze” originali (ed esempio, inizia utilizzando verbi coniugati al passato remoto, ma termina utilizzando verbi coniugati al presente). Qui lo leggete esattamente come fu scritto 40 anni fa.
Attento, lettore: questo non è un racconto storico, né fantascientifico, né romantico.
Questa è solo la nostra esistenza.
Cadde dal cielo, dall’ultimo piano di quel palazzo, del più alto. E cadde senza farsi male.
Sbalordito, si guardò mestamente attorno, cercando un’anima amica, ma vide soltanto tronchi derubati dei loro vestiti, e la costruzione dalla quale era precipitato.
Il primo movimento fu effettuato molto lentamente, rallentato, e le gambe tremarono, non ancora abituate alla vita esterna, e all’aria, che stava sferzando la pelle delicata.
Dagli occhi scese calda una lacrima, forse a causa del vento, forse per qualcos’altro. – “chissà se sarà l’ultima” – si trovò stranamente a pensare.
Per mantenersi ritto, tentò disperatamente di aggrapparsi con le unghie al palazzo, ma questi si scosse, e lo staccò con forza. Lo fece rotolare in basso, giù, velocemente, sempre più veloce, fin quando un masso lo stordì, bloccandolo. Si alzò, prima in ginocchio e poi in piedi, appoggiandosi alla grossa pietra che non si mosse, e, dopo alcuni secondi, tornò a ragionare: – “dove sono caduto – si chiese – che mondo è mai questo” ?
Il vento impetuoso iniziò a batterlo con ramoscelli e sassolini, e i suoi capelli sembrarono dover volare via, per perdersi lontano.
Abbassò il capo, e non vide più nulla. I capelli gli coprirono gli occhi – “tanto – pensò – non c’è nulla da vedere”- e camminò così, come un cieco.
Vagò per tempo e tempo, inciampando e cadendo molte volte, per poi rialzarsi, ma senza poter vedere, sempre più lentamente. Marciò ancora ed ancora, e a un tratto, improvvisamente, il vento cessò, ed egli riuscì finalmente ad osservare. Guardò prima il suo corpo, che stava invecchiando di attimo in attimo. La pelle si stava screpolando, soprattutto sul viso, come poteva sentire con le mani. I lunghi capelli iniziavano a cambiare colore, e faceva fatica a respirare la poca aria amara disponibile.
Guardò attorno, e vide costruzioni che, nella sua mente, non avevano né forma, né senso, ma non si domandò cosa fossero, limitandosi a guardarle con noncuranza: a cosa potevano servirgli, in fondo ?
Tutto pareva ostile: solo un essere umano avrebbe potuto salvarlo dal suo destino.
Finalmente, voltato un angolo, se l’era trovata innanzi, con il corpo più piccolo del suo, ed il viso meno ruvido. Avrebbe desiderato fuggire, ma non c’era riuscito. Solo perché lei gli aveva teso una mano.
Avevano riso insieme, allegri e spensierati, e si erano seduti, osservando le nuvole, immobili nel cielo, rimanendo poi abbagliati da una luce nascosta.
Li aveva colpiti talmente forte da arrivare come una freccia, trafiggendoli, per poi perdersi nel nulla. Era rimasta solo un attimo, vicino a loro, come una presenza materiale, guardandoli, mentre tenevano gli occhi ancora serrati per la paura. Hanno guardato ancora, ma sono rimasti delusi: non c’è più nulla, nemmeno la Luce, che li ha lasciati ancora soli.
“Camminiamo – ha detto, stringendole la mano – vedrai che tutto andrà bene.
“Tutto…..ma cosa” ? – gli ha chiesto – . Non lo so – si è sorpreso a rispondere.
Pungenti e fredde goccioline sono cadute sui loro corpi esausti, piovendo dai loro capelli sulle loro ciglia, sugli occhi, sulle gambe distrutte dalla stanchezza, e dalle contrarietà.
Si sono fermati a ripararsi sotto un albero, aiutandosi con gli occhi a cercare un perché.
La Luce è tornata in cielo, ed un fiducioso sorriso si è fermato per un attimo sulle loro labbra screpolate, ma Lei ha colpito il tronco, l’ha ucciso, distrutto per sempre, e le loro lacrime sono tornate a mescolarsi con la pioggia.
Ha piovuto molto, e la terra è sembrata quasi volerli assimilare. Si sono svegliati dal torpore che li aveva assaliti, e lui ha detto: “le cose ci uccideranno, ci finiranno poco a poco, dobbiamo fare qualcosa, costruire, forse addirittura vivere”.
Hanno costruito il loro palazzo alla svelta, freneticamente, grande pietra dopo grande pietra, sempre più alto, ma mai abbastanza: volevano che fosse la cosa più grande, in quel deserto di anime.
Gli elementi adesso li percuotono ancora, selvaggiamente, sempre più forte. – Stupidi !! – gridano loro – Non vi servirà !! – urlano. Stanno costruendo l’ultimo piano, quello finale, ora.
Il vento li spezza come alberi moribondi, il freddo li fa muovere come automi, la pioggia li tramortisce.
Ecco……. spostano l’ultima pietra, fatto: finalmente è al suo posto.
Scappano dentro, singhiozzando, e restano stupiti: lì c’è il silenzio, il buio, la serenità, la pace. Sembra quasi di essere in un altro mondo, un mondo tutto per loro. Trascorrono lì i momenti più belli della loro permanenza sulla terra, come non avrebbero mai pensato di poter fare, e adesso il sorriso finalmente si mantiene sui loro volti.
Una stana stanchezza coglie però l’uomo, molto più feroce di prima, e lui non capisce, anzi, non vuole capire, quello che sta accadendo. La donna, appoggiata ad un muro, lo guarda con un compassionevole e innamorato sorriso, poi incrocia le braccia, e chiude gli occhi, che non riaprirà mai più. La vita li abbandona, ora stanno morendo.
Il bimbo ha le gambe che gli tremano, riesce a fatica ad alzarsi, vuole vedere altre cose, oltre ai quattro frammenti bianchi, che brillano nel buio, vuole quel chiarore, che vede lì, a portata di mano.
Si affaccia timoroso alla finestra, sbatte le palpebre varie volte, si sporge, e cade in avanti……………………..
e l’esistenza ricomincia.
Osservando le mie mani, ho visto granelli dei ricordi cadere tra le dita, uno dopo l’altro, e andare perduti per sempre. Con questo contenitore magari ne salverò qualcuno, per chi, in futuro, sarà interessato a capire cosa io fossi.
No Comments