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28 Giu

Pastel Blues

I tuoni e i fulmini che questa sera si alternano perfidamente inducono anche i cani randagi più coraggiosi a nascondersi e a mettersi al riparo, tenendo le orecchie basse. Nonostante la protezione della pesante cerata grigia, degli stivaloni e del cappello da pescatore, la pioggia abbondante e pungente affrontata in bicicletta risulta per Giacomo anche peggiore di quanto lo sia per gli sperduti pedoni. Repentinamente l’aria si è fatta fredda e una sventagliata di grigio scuro è precipitata giù a piombo dal cielo, ammantando i tetti e i muri. Sommerso dal nubifragio impietoso, Giacomo scorge il suo portone attraverso le gocce che gli infastidiscono gli occhi. Pedala con più convinzione e, anziché scendere dalla bici e condurla a mano con attenzione, entra direttamente nell’androne al massimo della velocità consentita dal suo approssimativo stato di forma, nella speranza che lo scorbutico portinaio non colga l’occasione per prenderlo a male parole. Essendo domenica, fortunatamente il tipo non è seduto nel gabbiotto d’ordinanza e dopo aver assicurato con la catena la bici al coperto, Giacomo attraversa il cortile a piedi, non riuscendo ad evitare alcune grandi pozzanghere. Entra in ascensore e l’acqua che scende da ogni recondito angolo del suo corpo crea un piccolo lago rotondo, prima che lui arrivi al sesto piano. Giunto davanti alla porta di casa, toglie gli stivali, la mantellina e il cappello, lasciando il tutto fuori a scolare, quindi varca la soglia.

Finalmente la calda sicurezza del suo rifugio dal mondo lo accoglie a braccia aperte. Disattiva l’allarme, quindi, ancora con i calzini bagnati, entra in cucina e come primo pensiero elargisce un misurato pizzico di alghe a Louis e Ella, gli amati pesci rossi che lo stanno fissando con impazienza. Alla vista del cibo, zigzagando attraverso le piante di plastica, Louis, impazzito di gioia, lo gratifica con spumeggianti festeggiamenti, sfrecciando avanti e indietro nei venti centimetri di acqua del suo ergastolo, mentre Ella, che si tiene ben nascosta sotto al ponticello di pietre finte, non lo degna nemmeno di uno sguardo, aspettando che lui sia distratto, prima di assaggiare con morsi mirati il mangime che adesso fluttua in acqua. Resi felici gli animali, Giacomo riempie di acqua corrente un apposito vaporizzatore e con estrema attenzione inumidisce dall’alto le foglie dell’orchidea bianca da lui posizionata vicino alla finestra, dove potesse godere con parsimonia della luce: anche lei sembra ringraziarlo per quella piccola, ma attesa, manifestazione giornaliera di affetto.

Dedicandosi finalmente a se stesso, dopo aver dismesso la biancheria bagnata e indossato la tuta da ginnastica, Giacomo cerca un album che quella sera possa incastrarsi al meglio con il suo umore e con la tempestosa situazione meteorologica che infuria all’esterno. Seleziona dal mobile il vinile a 33 giri intitolato «Pastel Blues» di Nina Simone, appoggia accuratamente la puntina all’inizio dei solchi e, dopo un breve fruscio, sente aleggiare la musica negli ambienti familiari. Per una strana coincidenza, il disco era stato pubblicato nello stesso anno della sua nascita, e, nonostante lui lo abbia pagato una discreta somma, non si è mai pentito dell’acquisto: intonando quelle canzoni con la sua voce calda e disperata, Nina è stata per lui la fedele compagna di molte serate, che altrimenti sarebbero state tristemente ancor più solitarie.

Proprio a proposito di questo aspetto dolente della sua vita, della sua infelice e perdurante solitudine, Giacomo ha deciso dopo innumerevoli esitazioni che nei giorni a venire troverà in fondo a se stesso il coraggio di dichiarare a Giovanna l’attrazione che da tempo prova per lei. All’interno della piccola libreria da lei inaugurata hanno assaporato la loro comune passione per la letteratura, soffermandosi ogni giorno a conversare a proposito di libri, pubblicazioni ed edizioni particolari. Le affinità tra loro non si limitano alla letteratura: anche Giovanna ama l’arte, ha quasi la sua stessa età, ed è persona seria e precisa. Come se ciò non bastasse, è estroversa e decisamente graziosa. Giacomo ha la certezza di provare per lei qualcosa che già in questi momenti è superiore all’amicizia o a un semplice affetto: anche se ne ha una paura terribile è fortemente tentato di definirlo Amore, di quello con la A maiuscola. Non avrebbe perso altro tempo, si sarebbe dichiarato al più presto, addirittura forse già domani, e le avrebbe proposto di trascorrere insieme una bella giornata di spensieratezza e allegria: Firenze sarebbe il luogo perfetto, per conoscersi meglio e magari avviare una storia più profonda.

È giunto il momento di un buon caffè, che con la musica di Nina e il rumore della pioggia di certo porterà un’alchimia particolare. Durante un viaggio a Istanbul, Giacomo aveva imparato ad apprezzare la bevanda preparata “alla turca” e acquistato un tradizionale bricco in rame, chiamato Cezve, da usare in Italia. Macina il caffè, quindi ne versa due cucchiaini nel contenitore riempito di acqua. Accende il gas, fa bollire e poi spegne il fuoco. Riaccende, facendo bollire nuovamente, quindi versa il caffè nella tazza, dove aveva precedentemente lasciato cadere un seme di cardamomo e si mette in paziente attesa che il sedimento si depositi sul fondo.

Durante i due o tre minuti di attesa, Giacomo realizza che purtroppo il pensiero di quanto gli è accaduto pochi giorni prima non lo ha abbandonato, e anzi continua a preoccuparlo. Certo, si tratta di poca cosa, e lui, così metodico, organizzato e pragmatico, non vuole ammettere di essere condizionato da un fatterello tanto insignificante, però non riesce proprio a non ripensare a quegli istanti, rivivendo suo malgrado ancora una volta quello strano film. La donna, di innegabile, ma stravagante eleganza, si era avvicinata al bar dove lui era assorto nella lettura del quotidiano, dopo aver consumato il caffè alla turca che Alberto gli aveva preparato con maestria inappuntabile. Avvicinandosi alle sue spalle e senza che lui avesse il tempo di rendersi conto di quanto stava accadendo, la donna aveva preso la sua tazza ormai vuota dal tavolino e ne stava osservando l’interno. Colto di sorpresa, si era preoccupato solo di afferrare e stringere il borsello, nel timore di uno scippo, realizzando ben presto come in realtà non esistesse tale eventualità. Per i successivi dieci secondi, che a lui parvero un’eternità, lei lo aveva trafitto con uno sguardo di carbone, proiettandolo facilmente in una imbarazzante e spasmodica attesa degli eventi. Poi, senza smettere di fissarlo e tagliando le parole con il bisturi, aveva sentenziato: «Non mostrare ostinazione. Lo scorrere del fiume può apparire periglioso, ma è sempre inevitabile». Senza concedergli il tempo di una replica o di una domanda, si era voltata ed era scomparsa tra la folla in movimento.

Giacomo era rimasto qualche minuto frastornato e con l’amaro in bocca, tentando di immaginare il significato di tali parole,  evidentemente partorite dall’interpretazione dei fondi del caffè. Aveva iniziato inevitabilmente a proiettare le sue paure più ancestrali su tali parole, analizzandole da un lato all’altro e tentando di individuare qualche collegamento ad alcuni aspetti della sua vita, ma senza arrivare a nessuna certezza. Dopodiché, con il chiodo fermamente conficcato nella mente, si era recato in ufficio per riprendere la sua monotona attività di contabile, che si era protratta fino a sera.

Giacomo volta il vinile e dopo aver risciacquato la tazza del caffè evitando accuratamente di guardare i fondi depositati, si distende sul divano. Inforca gli occhiali da vista, aprendo le pagine di «The Rose», la raccolta di poesie di William Butler Yeats che su consiglio di Giovanna ha iniziato a leggere qualche giorno prima. Il segnalibro in pelle indica che la pagina da leggere è quella riservata a una poesia intitolata «Quando sarai vecchia». Inizia a leggerla, e, sorpreso da tanta bellezza, la rilegge, e poi la rilegge ancora, pensando a quanto sarebbe bello se potesse sussurrare quelle parole alla donna dei suoi sogni. Poco dopo, in seguito alle emozioni del mattino, alla stanchezza per il lavoro e per la pedalata in bicicletta sotto la pioggia, gli occhi di Giacomo si chiudono, facendolo addormentare così, apparentemente felice, sdraiato sul divano. Quella strana domenica è arrivata alla fine, mentre Nina sussurra la frase «…e ci saranno rose rosse, tutte attorno alla mia porta».

Questo lunedì mattina il mondo sembra animato da una sconsiderata e immotivata frenesia: merito probabilmente dei raggi di sole, arrivati dopo un fine settimana di temporali, che inducono azioni e atteggiamenti diversi. Le strade sono asciutte e le madri di famiglia, portando i pesanti sacchetti della spesa, ammirano con gli occhi sognanti le vetrine dei negozi di abbigliamento. I cani randagi hanno ritrovato il coraggio e l’entusiasmo necessari per inseguire vecchi palloni bucati, mentre le foglie degli alberi brillano nel loro ritrovato anelito di luce e di ossigeno nuovo. Alberto il barista viaggia già veloce tra i tavoli, consegnando caffè, cappuccini e cornetti alla crema alle persone che fanno conversazione a voce alta. Nella sua libreria Giovanna sta osservando le bellissime nuove edizioni di libri che le hanno appena consegnato, decidendo quali onorare della postazione privilegiata in vetrina. Dell’esposizione farà certamente parte anche «The Rose» di Yeats, uno dei suoi libri del cuore, che ha recentemente consigliato a Giacomo, il suo cliente preferito. Attende con ansia il momento in cui lo vedrà entusiasmarsi e quasi commuoversi, per questa edizione finemente rilegata. Ne ha già appartata una copia: oggi, appena lo vedrà varcare la soglia della libreria, mollerà tutto e gli correrà incontro, per dirgli che ha un regalo per lui.

Louis, fiducioso e curioso come nel suo carattere, ha deciso di non allontanarsi dal suo spazio vitale, e tracciando movimenti concentrici persiste ad aggirarsi nei dintorni, mentre la diffidente Ella, pur affiancando il suo compagno di vita, si avvicina con circospezione, per monitorare la nuova situazione creata da quel corpo estraneo improvvisamente calato nell’acquario. Il retino verde, manovrato con insufficiente abilità, urta il ponticello di pietre finte, spostandolo prima di qualche centimetro e poi abbattendolo definitivamente, sollevando aloni di polvere bianca. Nella confusione creatasi in acqua, la coppia di pesci finisce senza scampo nel retino e quindi in una piccola bacinella di plastica colorata. Un uomo serio e vestito di blu scuro sta in piedi in mezzo alla stanza. Ha in mano la copertina del vinile di “Pastel Blues” di Nina Simone e utilizzando una grande lente con la luce sembra volerne analizzare i particolari. Un suo collega, anch’esso serio e vestito di blu scuro, dopo aver spostato il lenzuolo bianco che con un moto di pietà qualcuno aveva steso sul divano, raccoglie da terra degli occhiali da vista e un libro che era rimasto ancora aperto su una pagina. Solo per curiosità, legge alcune righe a caso: «…ma solo un uomo amò l’anima pellegrina che era in te, e il dolore del tuo volto che muta…»

Un paio di stivali, una mantellina e un cappello da pescatore sono ancora fuori dalla porta, da tempo asciutti, ma da nessuno ritirati. Al piano terra, utilizzando una rumorosa sega elettrica che sparge attorno mille scintille, un uomo serio e vestito di blu scuro sta tagliando la catena di una bicicletta parcheggiata il giorno prima sotto la tettoia in cortile, mentre con lo sguardo fisso nel vuoto uno scorbutico portinaio singhiozzando piange una calda lacrima.

 

 

 

 

Racconto inserito anche nella raccolta “Quando capita un caffè”, curata da Maurizio Barilli ed edita da Epika Edizioni nel 2021, i cui proventi vengono devoluti ad AGEOP Ricerca ONLUS per la cura di ogni bambino malato di cancro.

Il libro è ancora acquistabile cliccando qui.

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