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21 Set

Una margherita in cielo

Le batteva forte il cuore, mentre entrava, con passo incerto. 

Il biondino, addetto all'ascensore, la salutò con artefatta deferenza, e lei temette che, nel silenzio, avrebbe potuto sentire i suoi battiti, e, addirittura, porle qualche domanda inopportuna. Si diresse verso l'angolo più lontano, appoggiando le spalle alla parete color alluminio, stringendo forte il biglietto tra le mani. Erano soli nella cabina, e, sussurrando, chiese di essere condotta fino al piano numero ottantasei. Il giovane, con movimenti collaudati, le sorrise senza reale interesse, proprio mentre pigiava il pulsante, quindi voltò lo sguardo, per riprendere, imperturbabile, a fissare il nulla. Gli avevano proibito qualsiasi forma di confidenza con i visitatori, soprattutto con le giovani e raffinate signorine.

Evelyn si guardò allo specchio, e fu felice del suo aspetto. Oggi aveva scelto quel vestito per impressionare Barry, il suo fidanzato: era quello che indossava la prima volta che fecero l'amore al Motel, ed era certa che lui avrebbe notato la coincidenza, quando, più tardi, l'avrebbe rivista. Per quell'occasione tanto speciale, aveva indossato anche delle costose scarpe con il tacco, i guanti color crema, la collana di perle che le aveva regalato mamma Helen, ed un magnifico foulard di seta bianca, che le copriva i lunghi capelli. Sembrò che quel viaggio in ascensore durasse un'eternità, quasi come se stessero salendo, senza fermate, direttamente verso il cielo. 

In quel giorno di maggio, era uscita da casa sotto un bel cielo azzurro. L'aria, fresca e pulita, le aveva fatto nascere la voglia di correre in un campo di margherite, anziché di muoversi in una grigia città. Adorava le margherite fin da quando era bambina, e viveva in campagna. Certo, sapeva bene che, in fondo, si trattava di un fiore povero, ma, quando Barry ne prendeva un mazzo per lei, la faceva sentire al centro del mondo. E accadeva spesso: una sera, le donò i fiori all'uscita dell'ufficio dove lavorava, e le amiche la guardarono con malcelata invidia. Barry era un bel ragazzo, alto, forte, e ben vestito. E amava proprio lei, anche se era arrivata da un piccolo paesino. Là avevano saputo di lei e di Barry, perché non aveva resistito alla voglia di raccontarlo a sua sorella, e la voce aveva viaggiato molto veloce. In seguito, aveva raccontato di Barry anche ai suoi genitori: un Amore così era troppo grande per tenerlo tutto per sé, per non condividerlo. Helen e Vincent McHale si erano detti pronti a valutare le eventuali proposte di matrimonio del ragazzo: non avevano mai visto la loro piccolina tanto felice.
Sentì la voce, "piano ottantasei", e, allontanandosi dai propri pensieri, si accorse che la porta era aperta. Il biondino la guardava in silenzio, con aria interrogativa. Lo salutò, soltanto con un cenno del capo, poi mosse il piede in avanti, poi l'altro, e si ritrovò da sola in un bianco corridoio. La gonna era stretta, e le impediva di camminare speditamente, mentre il rumore dei tacchi che battevano il pavimento le sembrava fastidioso. Forse era stata esagerata, a vestirsi tanto elegante. Nel corridoio incontrò una coppia di innamorati che si tenevano a braccetto, e che ridevano forte, i quali, incrociandola, la salutarono con allegria. "L'amore può fare veramente miracoli", pensò, continuando a camminare. Le tornò in mente Barry, che la faceva proprio sentire una Regina: margherite a volontà, e pomeriggi di amore tenero e passionale. Si sentiva sua, soltanto sua, nell'anima e nel corpo. Ricordò di quando lei e Barry andarono a Long island con l'automobile, e le parve di essere in Paradiso. Erano in quattro, in compagnia di sua sorella, e di suo marito. Fu una giornata memorabile: le ragazze avaveno preparato i cestini per il picnic, e tutto andò per il meglio. I due uomini entrarono anche in confidenza. Avevano portato le canne da pesca, ed erano decisamente bravi a pescare, mentre le donne chiacchieravano sul loro futuro. 

Il lungo corridoio l'aveva fatta un pò accaldare, e, uscita all'esterno, l'aria le parve frizzante. Il cielo era ancora più blu di quanto lo ricordasse, ed il rumore delle automobili fortunatamente risultava molto ovattato, da lassù. Si vide riflessa in una vetrata e, nuovamente, si rallegrò: a Barry sarebbe sicuramente piaciuta. Guardò in giro, ma non scorse nessuno, su quella terrazza del 86° piano. Allora si sporse dal parapetto, e guardò in basso, dove gli esseri umani parevano delle formiche, e la vita, freneticamente, faceva il suo corso. 

Appoggiandosi al muretto, scrisse una decina di righe, su un foglietto che si era portata, e poi, piegandolo bene, lo rimise in tasca. La sera precedente, il suo fidanzato Barry le aveva chiesto di sposarlo, nel mese seguente, in giugno, e lei aveva con gioia accettato. Con l'agilità dei suoi 23 anni, salì facilmente in piedi sul muretto. Guardò in alto, e vide che una strana nuvola solitaria aveva formato una margherita nel cielo. Alcune calde lacrime le bagnarono le soffici gote. Non più margherite, per Evelyn. Diede la meritata libertà al suo bel foulard bianco, che spinto dalla brezza, si librò nell'aria, leggero come una foglia. Si sporse un pò in avanti, e, armoniosamente, si lasciò cadere, volando come un angelo, lontano da quel mondo che forse non la capiva, e che forse non la capirà mai.
Mi farebbe piacere conoscere il vostro parere, nei commenti qui sotto, su questa triste storia. 

Dopo aver visto il video, ho tentato di immaginare gli ultimi dieci minuti di vita della giovanissima Evelyn Francis McHale, che in una giornata di maggio del 1947, si suicidò a New York, volando dall'Empire State Building. La ragazza scrisse alcune righe, dedicate al fidanzato e ai genitori, nelle quali dichiarava la propria inadeguatezza a diventare moglie, e il desiderio che il suo corpo fosse cremato, senza celebrazione alcuna. 

Nonostante questo ultimo desiderio, Evelyn divenne inopinatamente famosa, perché il giovane fotografo Robert Wiles, che passava per caso, ne fotografò il corpo, precipitato su un'automobile parcheggiata. Come potete vedere qui sotto, era miracolosamente composto, e bellissimo, con Evelyn che stringeva ancora tra le mani la collana di perle. 

La drammatica immagine fece il giro del mondo, grazie alla rivista "Life", e contribuì a nominare questa tragedia come "The most beautiful suicide", "Il suicidio più bello". Negli anni a seguire, molti furono affascinati dalla triste vicenda di Evelyne: Andy Warhol, 15 anni dopo, la omaggiò con la serigrafia intitolata "Suicide - Fallen body", mentre David Bowie reinterpretò la caduta, e la posizione mortale sull'automobile, nel video di "Jump, they say". Nel 1987 anche Hollywood rese omaggio, a suo modo, con una citazione nella scena iniziale del film "Arma Letale". 

7 Comments
  • Ilaria Battaini

    Non sapevo di questa triste storia Stefano, grazie innanzitutto per avermela fatta conoscere. Quel video è di un’intensità che scatena l’immaginazione… e che tocca profondamente il cuore! Il tuo racconto di quegli ultimi dieci minuti di vita scivola via leggero come un battito d’ali. Come se quel salto non avesse segnato una drammatica fine ma l’inizio di qualcosa di più grande. Mi hai emozionato tantissimo e di questo ti ringrazio molto

    22 Settembre 2018 at 17:07 Rispondi
  • Clarissa

    Il suicidio è un gesto disumano e drammatico che si commenta da se: si è liberi di scegliere di vivere o di morire. Penso, comunque, che nel compiere tale gesto si voglia mettere fine ad un’atroce ed insopportabile sofferenza e mi dispiace profondamente per ogni vita spezzata, specialmente se si tratta di giovani. Volevo, invece, farti i miei complimenti: tra le qualità di uno scrittore c’è sicuramente quella di rapire, per un momento, il lettore dalla realtà e tu ci riesci molto bene, sei molto bravo. Grazie Stefano.

    24 Settembre 2018 at 11:05 Rispondi
      • Clarissa

        Non sono riuscita a rivedere per la seconda volta il video, troppo cruento. Secondo me chi sceglie di suicidarsi lo fa soprattutto per punire i vivi, chi resta. Inoltre credo che tu non ti debba troppo interrogare su questi temi. Ciao.

        24 Settembre 2018 at 13:27 Rispondi
  • Edoardo Scarpa

    Ciao Stefano, la storia della ragazza lascia l’amaro in bocca perchè, specialmente non conoscendola, si viene colti e trasportati dalla tua narrazione in una atmosfera soave, di attesa e palpitazioni, le tue parole, sapientemente selezionate, accompagnano di lemmo in lemmo verso l’orizzonte di questa vicenda, con un forte desiderio di “sporgersi” per saperne di più. Confesso poi una sensazione, tipo presagio, figlia dell’attesa di conoscere l’esito di questo incontro.. ma il foulard bianco che poeticamente vola, ecco, lì, si che si spalanca il tutto, si accende la luce e, ahimè tutto si fa più nitido. Il suicidio è il gesto estremo più terrificante, quello che ti lascia, se ne sei spettatore anche solo indiretto, basito davanti all’esistenza, perchè per chi resta sussistono solo inadeguatezza e rimorso.
    Bellissima opera e grazie per avermi fatto percorrere questo sentiero narrativo, doloroso si, ma bellissimo.

    Edo

    4 Ottobre 2019 at 12:47 Rispondi

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