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15 Apr

Burj Al Babas

In queste pagine abbiamo già incontrato tre luoghi, situati in parti molto diverse del mondo, che avevano una caratteristica comune: presso la Spiaggia di Beauduc, in Camargue (potete conoscerla qui), le Caverne di Matala a Creta (eccole qui) e la piattaforma antiaerea di Sealand al largo del Kent (scoprite la storia qui), tre insediamenti di esseri umani particolarmente determinati decisero ostinatamente di vivere, nonostante situazioni ambientali e sociali a loro decisamente avverse. Oggi voglio portare alla vostra attenzione una situazione antitetica, oltre che paradossale: un luogo che, progettato sulla carta per rappresentare il concetto ideale di abitazione, di comunità e di socialità, finì per morire desolatamente deserto, dopo aver causato enormi danni ambientali.

Correva l’anno 2014, e, in una rigogliosa zona verde dell’entroterra turco, un gruppo di investitori denominato SAROT avviò un immenso progetto immobiliare, battezzato “Burj Al Babas Villas”, che contemplava la costruzione di una nuova cittadina formata da 732 piccoli castelli tra loro del tutto simili, e architettonicamente ispirati allo stile neogotico del famoso Castello di Chenonceau, situato in Francia, nella Valle della Loira.

L’interesse manifestato da facoltosi acquirenti arabi, e la relativa vicinanza alla popolosa Istanbul (270 chilometri), alle spiagge del Mar Nero (150 chilometri) e alla capitale della Turchia Ankara (200 chilometri) sembrarono i presupposti per un sicuro successo imprenditoriale.

Con l’impegno di ben 205 milioni di dollari, vennero avviati gli imponenti lavori di costruzione. Oltre alle ville personalizzabili e dotate di ogni comfort, furono progettati anche gli immancabili centri commerciali, i cinema, le piscine, i giardini, i viali, i parcheggi, alcune Moschee e un grande lago artificiale.

Un ricco bosco venne abbattuto con celerità, per fare spazio ai nuovi edifici. Le strade che dalle città portano alla zona vennero rese più importanti e più sicure, aggiungendo corsie, svincoli, rotatorie, incroci e semafori. L’immediato impatto sociale sul piccolo e rurale Distretto di Bolu fu enorme: basti citare che la SAROT assunse circa 8.000 operai. Inoltre, per una comprensibile speranza di benessere generato dal previsto turismo di passaggio e dall’insediamento di nuovi consumatori, vennero inaugurate in zona molte nuove attività commerciali, di intrattenimento, di ristorazione e di servizi.

Tutto bene, avrete (forse) pensato, prima di vedere il bel video qui sopra, filmato da un drone. E invece no: tutto male. La situazione attuale ci racconta che, in conseguenza di un debito di 27 milioni di dollari, i tribunali turchi hanno recentemente decretato il fallimento della SAROT, interrompendo completamente i lavori. Come avete visto, ci sono ville ormai terminate, altre ancora allo stato grezzo, ed altre soltanto accennate. Le strade non sono asfaltate, sebbene qualcuno cerchi di percorrerle con l’automobile. Si distingue bene quello che avrebbe dovuto essere l’enorme centro commerciale, e anche una collina panoramica.

Il gruppo immobiliare, governato da Mehmet Emin Yerdelen ha ovviamente opposto ricorso alla sentenza, affermando che i debiti sono pari a “solo” 7 milioni di dollari, e che sono pagabili con la vendita delle ultime 150 ville. Ma intanto, mentre circa 550 di questi piccoli castelli con pavimenti in marmo, centro benessere e fontane sono terminati,  il mondo che doveva nascere loro attorno è rimasto solo un sogno su un pezzo di carta. 

Non esistono strade, negozi, scuole, studi medici, fognature. Il cantiere è stato sigillato, e nessuna delle costruzioni ha ottenuto l’abitabilità, Degli 8000 operai che vennero assunti soltanto 5 sono rimasti al lavoro, e riconvertiti a funzioni di sorveglianza. Gli sfortunati che avevano acquistato (e pagato) un immobile, non possono accedervi nemmeno per completarlo a proprie spese, se non clandestinamente, a rischio della propria incolumità.

 

Aggiungo una galleria di immagini:

 

Mentre i sognatori di Matala, Beauduc e Sealand, che intendevano soltanto inseguire un sogno all’interno di caverne, baracche e di una piattaforma abbandonata, furono boicottati, perseguitati e picchiati, adesso vedremo come l’essere umano sarà in grado di trovare qualche soluzione a questo disastro ambientale e sociale, creato dalla politica, dall’interesse, dall’avidità e dalla corruzione: quello che è certo è che la natura del luogo è stata ormai irrimediabilmente compromessa.

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